La belle epoque anni ’30

scudo30E’ un continuo susseguirsi di alti e bassi. Da principio è un quieto ma inesorabile declino. Perduta la grande sfida, con tutti gli onori, con gli anni che si snodano il metro si dilata, le misure si restringono, le squadre, le società cominciano a corrispondere ai potenziali economici delle città, pur lasciando larghi margini alle fantasie e ampi varchi alla passionalità. A mano a mano il manipolo dei golia si assottiglia, si ingrossa invece quello dei locali. Non reggeranno il rango, ne guadagneranno un altro sempre decoroso. Spuntano cioè i Garofalo, Albergatore, i fratelli Oropallo, Maresca, Ippolito, si “realizzeranno” i fratelli Giraud, Oscar Cirillo, Mario Brasile, resterà sulla breccia l’indomito Visciano. Si giocava, comunque: volontà, amor proprio ed entusiasmo erano radicati. Ad alimentarli con saggezza e scaltrezza era il presidente dell’epoca, Bruno Salzano, un gentiluomo di quei tempi, funzionario delle Ferrovie dello Stato, dislocato alla stazione di Torre Centrale, era pure segretario politico del partito fascista per la sezione di Torre Annunziata. A lui si devono formazioni indimenticabili allenate da un ungherese di nome Lischeblau. Caratteristiche? Pantaloni alla zuava, una coppola a piccoli scacchi e l’eterna pipa tra i denti pure quando dirigeva gli allenamenti. Un personaggio che conquistava tutti pure per la sua “parlata” tra la lingua madre ungarica, un italiano stentato e mischiato al nostro dialetto. Stette per oltre due anni e lasciò la società quando questa passò sotto la gestione dello Spolettificio Esercito con l’allora direttore, il Colonnello Schiavio, altra simpatica figura di ufficiale e di sportivo. Siamo nel ’30 appena inoltrato e il Savoia si può rinvenire in una serie C di tutto rispetto se si pensa alle consorelle: Salernitana, Catania, Siracusa, Reggina, Ternana, Catanzaro, Foggia, Messina e via altra nobile compagnia dimenticando del girone. giornale-giraudElegantissimo il Cirillo splendido, accademico, canonico. Il Mezzogiorno sportivo dedica una pagina speciale alla famiglia Giraud Un capitolo intero toccherebbe ai fratelli Giraud, Raffaelino, Michelino e Giovanni. Il primo un …blue bell che toglieva con la punta del piede, stile can-can, il pallone dalla testa dell’avversario, si produceva poi in “discese” che anticipavano di lustri e lustri il fluidificare di Facchetti e la “sovrapposizione” di moda oggi. Il secondo un …Platini di istinto: le sue punizioni erano così calibrate che due si e una no finivano in fondo al sacco. Oltre i quarant’anni fu acquistato dal Napoli di Candhales e La Paz, per proseguire C.T. della Nazionale militare. Il terzo, anch’esso in azzurro partenopeo, ala mancina dal tiro proibito. Si sente ancora nostalgia della sua rivalità con Ravizzoli, altro nome rimasto non senza eco. Insieme con il finissimo Vendelli, con i fratelli Ghisi, Ernesto e Pino, con Fadda – un protagonista della Resistenza – composero un undici che si rivelò erede rispettoso del Savoia vice campione d’Italia, battendosi con orgoglio e coraggio in campionati molto rappresentativi. Si era ritornati al “Formisano”, e tra i fumi della reminiscenza si stagliano ancora il dinoccolato Tacchinardi, Bredo, Mantovani, Rossi Dante e Rossi Agostino, piemontesi, lombardi, veneti che torresi diventarono subito di tempra. All’improvviso un tonfo. In mano ai Pinto, Arpaia, ai giovani leoncini locali era rimasta non una fiaccola, un moccolo. spolettificio37Ma poteva il calcio morire a Torre? Adottò la squadra lo Spolettificio del Colonnello Schiavo. La gestione militare non fu tuttavia fortunata; la squadra collezionava sconfitte e solo di rado qualche affermazione e qualche vittoria, al punto che il colonnello stesso pensò bene di passare la mano, restituendola a Bruno Salzano che tentò la rimonta riuscendo a riportare la squadra a livelli ottimali. In due anni si risalì in serie C. colombariE venne Rico Colombari, con una squadra riaffidata alla città, con il nome suo: Savoia. Siamo balzati a mo’ di canguri, al ’38. Colombari, nel ’29 era costato al Napoli pochi spiccioli: 265 mila lira. Un capitale che rapportato a quelli spesi per Jeppson e Savoldi fa impallidire, si accosta al prezzo di Maradona, in potere di acquisto. Come diventavano cerei i tifosi napoletani allorchè l’azzurro – anche di Nazionale – cascava nel prato dell’Ascarelli. Sospiravano: è caduto il Banco di Napoli. Colombari giocò pochissime partite – contava trentaquattro anni – poi si dedicò a quella che doveva essere la sua vocazione: l’istruzione “tecnica”. Tirò fuori un Risorti, il portierino diciassettenne che la buona sorte fece esordire nella partita inaugurale contro l’Aquila al posto di Gino Merlo, in A con Pro Patria e Livorno per molti anni. Risorti fu acquistato dalla Roma e nel 1934 riuscì ad annusare appena lo scudetto per via che quel vecchiaccio di Masetti s’era deciso proprio allora di vivere una seconda giovinezza. Grande soddisfazione veniva ai tifosi dal corcorso degli “assi lanciati” curati da Ennio Mantella. Risorti e, dopo ancora il savoiardo Mercer, con il pescarese Lanciaprima risultò tra i primissimi vincitori. Era un Savoia senza altre pretese che quelle di ben figurare. Ebbene, a qualche giornata dal termine, si trovò a lottare per il primato con la Mater di Fulvio Bernardini. Fuffo anche nostro, già del tutto pelato sperimentava con la compagnia trasteverina – laziali e romanisti – in non completo disarmo: Fasanelli, Lombardini in aggiunta al “dottore” mezz’ala – il “sistema” inglese. Avrebbe deciso lo scontro diretto, che doveva avvenire al “Formisano”, in quella fossa dei leoni, su di un campo disseminato di cocuzzoli, puntine degli “iceberg” di ferrugine e calcare che il Vesuvio aveva innalzato nelle sue ricorrenti eruzioni. Si vinceva per uno a zero sino a pochi minuti dalla conclusione. Il sogno di arrivare in B stava per avverarsi. Ma si intromise una pietra carogna. Un lungo rilancio di alleggerimento di Trombetta rimbalzò su un ciottolo, assunse una traiettoria diabolica che scavalcò Risorti, tranquillamente avviato a fermare l’innocuo pallone.
us-savoiaI nomi di quel periodo: Risorti, Ancillotti, i fratelli Giraud, Del Giudice, Busiello, Angelini, Grauso, Oreste Sallustro, Armando Salvatore, Fasoli, Merlo, Cremaschi, Capello. E negli anni immediatamente appresso, Di Reda, La Sorella, Bacchetti, Marussich, Martinolli, Mazzetti, Abbatematteo, Verga e venia per le omissioni. Sino a che il secondo conflitto non impose lo stop.





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