BENEVENTO IN B. Fucci: “Un’emozione fortissima” La ‘Strega’ è la squadra del ‘prof’ protagonista della promozione dei bianchi: “Portare in Lega Pro il Savoia legatissimo ai colori giallorossi fu come vincere lo scudetto con la Juve”

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fucci2Ha lasciato una cattedra universitaria per il lavoro sul campo, ha avuto una carriera densa di soddisfazioni e ricca di vittorie prestigiose come uno scudetto con la Juventus. Con lui sono nati e rinati giocatori di grande futuro e nobile passato. Signori, Armando Fucci (nella foto), il “prof” , come simpaticamente battezzato dai suoi allievi con le scarpe bullonate. Eccolo, in un amarcord da ex di Savoia e Benevento nel giorno della storica promozione in cadetteria degli ‘stregoni’. Questo è il modo con cui SoloSavoia.it vuol salutare i sostenitori, la squadra e l’intero popolo beneventano per il traguardo raggiunto.

APPUNTAMENTO CON LA STORIA – Armando, il “tuo” Benevento oggi ha scritto una delle più belle pagine della sua storia. Qual è il tuo pensiero?

Sto vivendo una sensazione molto particolare e se pensiamo che nell’ultimo turno si viaggia verso Agrigento – l’ultima tappa vincente del mio personale percorso, con l’Akragas approdato in Lega Pro dopo ben 25 anni – si comprende bene che per me è una doppia festa. Il Benevento in B è un’emozione fortissima. Con il club giallorosso ho lavorato per dodici anni, con due campionati vinti ma anche con il dolore di un sopruso vissuto nel 2009 quando, eliminato il Foggia in semifinale, approdiamo in finale con il Crotone. Dopo il pareggio allo ‘Scida’ per 1-1, ci sarebbe bastato un nulla di fatto e invece fu una partita stregata: pur supportati da ben 25 mila spettatori, un gol di Kalil nel primo tempo ci condannò. Ma la delusione, non è tanto riferita a quella partita nello specifico, quanto alle vicende giudiziarie che seguirono a quel campionato”.

Non riesci a dimenticare.

 “Non posso. Soprattutto perché l’approdo in serie B dopo due promozioni di fila, con un Vigorito che aveva gettato le basi per una programmazione di alto profilo, la cadetteria sarebbe stata solo un passaggio per il grande salto. Spero, però, che quanto non sia accaduto allora, accada adesso e che le lacrime di disperazione dell’epoca si trasformino in lacrime di gioia oggi. Questa è la vittoria della squadra, dello staff tecnico ma soprattutto della famiglia Vigorito, Ciro in primis, nonostante ci abbia lascati qualche anno fa”.

LE CRITICHE – Tutto è bene quel che finisce bene ma, da persona di grosso spessore morale, Fucci non si sottrae ad una domanda scomoda.

 A inizio stagione non hai lesinato critiche ad Auteri.

 E’ vero. Ma i miei appunti al tecnico avevano una logica: le sue squadre hanno sempre espresso un calcio molto aggressivo e offensivo, un 3-4-3 determinato con giocatori  molto forti anche atleticamente; tutte cose non viste nel derby di andata contro la Juve Stabia dove invece era emersa una squadra lenta, compassata, che esprimeva un calcio accademico, con giocatori addirittura sovrappeso come Cissè. Mi sono ricreduto quando li ho rivisti all’opera nel girone di ritorno, contro Ischia, Casertana e ancora la Juve Stabia: la stessa squadra, con gli stessi protagonisti ma letteralmente trasformati. Insomma, ho individuato in quel Benevento il lavoro dell’Auteri che conoscevo, grintoso e combattivo su tutti i palloni e fino al novantesimo”.

UN PENSIERO AL SAVOIA – Fucci è stato tra i protagonisti ‘dietro le quinte’ della promozione in Lega Pro del Savoia. Lo staff tecnico composto oltre che da lui, da mister Feola, dal secondo Suppa e dal preparatore dei portieri Ammendola, ha rappresentato un esempio di professionalità e dedizione alla causa dal grande valore.

Il Savoia non esiste più sul campo, è rimasto nel cuore dei tifosi. Da ex, cosa ti senti di dire?

 “E’ l’altro dei due dispiaceri calcistici che non potrò mai dimenticare nonostante 29 primavere di carriera. Quell’anno ho accettato di tornare tra i Dilettanti perché mi sentivo parte di un progetto importante in una piazza che di stimoli ne ha da vendere. Ero perfettamente consapevole della sfida che andavo ad affrontare: una squadra costruita per vincere in una piazza calda sono una miscela esplosiva in caso di flop. Non conoscevo Feola in quanto chiamato direttamente da Luce ma devo dire che gli impulsi a fare bene sono aumentati giorno dopo giorno e la vittoria finale è stata il suggello dell’ottimo lavoro fatto; si era creata un’alchimia perfetta che avrebbe dato i suoi frutti anche dopo se i programmi non fossero cambiati preferendo percorrere altre strade. E osservare poi l’andamento di quel campionato con addirittura la scomparsa del club è stata una cosa davvero tristissima”.

 Ci puoi offrire un parallelo delle tue avventure al Benevento e al Savoia?

 “La similitudine è presto fatta: dopo aver vinto con la squadra del cuore, entrare a far parte di un club storicamente vicino ai beneventani, vedere domenicalmente la curva tinta anche dei colori giallorossi, e vincere anche con il Savoia non può che essere una cosa che ti tocca nel profondo del cuore. Posso dire in tutta franchezza che aver vinto quel campionato con i bianchi, per i motivi che ti ho citato ha avuto la stessa, identica importanza sotto il profilo umano ed emozionale di quando ho vinto il primo scudetto con la Juventus.”

LA MERITOCRAZIA NEL CALCIO – Fai ancora parte dello staff di Feola?

 “Con Feola ho lavorato due anni: a Torre, dove l’ho conosciuto, e abbiamo operato in perfetta sinergia, e ad Agrigento, dove ha inteso aggregarmi. Mi trovo bene con lui tant’è che abbiamo ripetuto l’esperienza anche a Pomigliano, sia pure per pochi mesi per una differenza di vedute tra il nostro modo di vedere il calcio e quello della proprietà. Nessun problema, nel mondo del calcio queste cose sono all’ordine del giorno”.

Come spieghi che un tecnico e uno staff vincente facciano fatica a trovare spazio?

 ’E’ uno dei paradossi del calcio. Ti potrei rispondere con il ritrito: “Esiste la meritocrazia nel calcio?”. Nel caso di Vincenzo (Feola, ndr), vincendo un campionato, ti attenderesti, da giovane tecnico quale sei, una riconferma che non arriva pur aspirando, il Savoia, ad una normale  permanenza in categoria. Ad Agrigento, dopo la promozione, la sua posizione è stata anche valutata ma anche lì non se n’è fatto nulla. E allora? Torniamo alla domanda che ci siamo posti in precedenza. Per quanto mi riguarda, ho voluto sfidare me stesso tentando di integrarmi con un giovane allenatore  che veniva da un’idea di calcio diversa, ma che dopo i primi incontri con me si è mostrato subito attratto dalle mie idee. Insomma la scommessa è stata lavorare con un allenatore di limitata esperienza con le mie tecnologie ma rispettando la sua visione del calcio e il suo 4-2-3-1. E’ stata questa la vera rivoluzione. Vincente, direi”.

Sempre a proposito di meriti, perché Fucci non è più tra i professionisti?

“Credo fermamente di non aver raccolto quanto seminato, con tutto il rispetto per i colleghi.”

Vogliamo dire che ti manca lo sponsor tanto in auge di questi tempi?

 “Ti rispondo con un paradosso: se esistesse un concorso per preparatori atletici con in palio i diversi club di A, non credo che molti degli attuali occuperebbero i posti dove sono. Sono decine quelli arrivati al top senza un percorso professionale chiaro ma solo perché portati dall’amico. Con questo non voglio dire che non sono bravi, ma un esempio  valga per tutti: Ranieri si appresta a vincere la Premier League, con un preparatore atletico, l’italiano Andrea Azzalin, individuato chiedendo a persone che l’hanno segnalato e portandolo con sé prima a Montecarlo con il  Monaco, poi in Inghilterra. Quando la prima volta sono stato chiamato dalla Juve,  subito dopo aver vinto il campionato con il Benevento (opposi un rifiuto perché in quel momento, per me, la squadra sannita veniva prima di tutto),  l’invito derivò solo da una serie di colloqui che sostenni insieme ad una altra ventina di candidati provenienti dalla Facoltà di Scienze Motorie di Torino,  con la quale i bianconeri avevano una sorta di accordo. Fu un vero e proprio esame. “

 Pensi di scendere in Sicilia per l’ultima di campionato a festeggiare il tuo Benevento e la salvezza di un’altra tua ex squadra vincente, l’Akragas?

 “L’intenzione ci sarebbe ma è una trasferta piuttosto impegnativa”.

IL SALUTO AI TORRESI – Per chiudere, ti senti di dire qualcosa agli sportivi torresi?

 “E’ una tifoseria che rimarrà sempre nel mio cuore. Il mio auspicio è di rivedere presto il Giraud pieno come con la Cavese e la Battipagliese e di poter ritornare a lavorare con la maglia bianca”.

 (Matteo Potenzieri)





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